Le cose mi mancano prima ancora che ne
abbiano il diritto. So già che le lascerò, tutte, con meticolosi
gesti di abitudine forzata, taglienti. Provo a tenermi ogni cosa
incastrata dentro, vivo per sensazioni ma soprattutto per immagini,
l'ho sempre fatto. Ora forse capisco il perché della mia memoria
fotografica, e penso che agli esami le sapevo, le risposte, perché
mi ricordavo la piega di una pagina o una macchia di inchiostro blu.
Le cose che vedo restano impigliate ai
miei occhi. Ed è lì che mi mancano.
È per questo che sorrido quando scendo
dal bus e le mie scarpe toccano una terra che non è la mia, è per
questo che respiro come fosse la prima ed ultima volta quel preciso
istante in cui si mischiano nuvole, tegole sporche, stoviglie
sbattute nei lavandini, sardine arrosto, gabbiani sui ciottoli della
piazza e fontane vecchie, bambini che corrono e lustrascarpe che
voltano le spalle alla strada. Non me ne importa proprio niente che
questa non è la mia, di terra. Rinnegatemi, alzate le spalle oppure
sorridete con condiscendenza.
Perché mi mancherà anche lei. Perché in ogni mio gesto le sento tutte, le cose che mancano.
Perché ogni tazza bollente è la mia tazza “della stabilità”,
quella che compro ogni volta che vado a vivere da qualche parte e che
poi lascio lì. Perché quando piove il rumore che sento è quello
dell'acqua che scivola sulla finestra minuscola in rue d'Isly, e il
profumo della colazione sa di quello sciroppo appiccicoso che esiste
solo in un posto. Perché l'ombrello lo dimentico sempre a casa, ché
tanto un portico che mi ripara lo trovo, o forse no. E perché non
riuscirò mai a ricordarmi come si deve una data, un numero, un
cognome, ma ricordo alla perfezione tutti i mercati di una città
enorme e lontanissima dal mare. E la prima volta che vedo un posto dall'alto, l'ultimo tramonto dell'estate e i granelli di sabbia caldi
il giorno prima di prendere un altro aereo, le città che si
svegliano sotto i miei occhi stanchi, il panorama grigio dalle mie
finestre in inverno, ogni risveglio in ogni letto.
Le cose mi mancano, le guardo mentre le
mie gambe ricominciano a muoversi, mentre i miei passi si allontanano. Eppure le
ritrovo, le rivivo. Niente è lontano, mai.